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Alla scoperta della Città degli Imperiali
Francavilla Fontana

Città degli Imperiali
Francavilla Fontana è ricordata come la città degli Imperiali, signori di Genova che comprarono questa Terra nel XVIII secolo. Ma questa terra fu occupata sin dall'età del neolitico.
La città fu "Franca" "Villa" al tempo degli Angioini, come ritiene la maggior parte degli storici; godette, cioè, di quelle franchigie e di qui privilegi che, nel Regno di Napoli, venivano concessi, nei primi decenni del XIV secolo, a quei piccoli agglomerati rurali definiti "casali", allo scopo di ripopolarli dopo lunghi periodi di devastazioni e abbandono.
Il casale elevato alla dignità di "Franca-villa" (con termine di chiara impronta francese) sorgeva su un terreno coperto di boschi, da praterie e paludi. In questo scenario si inquadra la leggenda secondo la qual sarebbe stata trovata, durante una battuta di caccia del principe di Taranto, Filippo d'Angiò, l'immagine della Madonna (detta poi della Fontana) sui resti della parete di un'antica cripta basiliana.
Gli elementi della leggenda, legati al ritrovamento e comuni peraltro alle origini di molti santuari pugliesi dedicati al culto mariano, richiamano miti pagani e simboli cristiani. Il principe Filippo viene informato di un evento inspiegabile: un cacciatore del suo seguito fa fatto scoccare contro una cerca un dardo che, inspiegabilmente, è tornato contro il cacciatore stesso, mentre la cerva, per nulla intimorita, si abbeverava presso una fonte. Il principe ha sentore di un evento prodigioso e ordina che venga aperto un varco nella boscaglia, dove viene ritrovata la sacra immagine.
I riferimenti, che la leggenda induce a fare, a Diana cacciatrice, alla cerva e ai boschi sacri della dea, ma anche alla cerva che si disseta alla fonte, quale simbolo di purificazione dell'anima nella religione cristiana, sono inevitabili; essi, mentre sottraggono il nome di Francavilla Fontana al rigore storico, ne aggiungono un alone di mistero e lo restituiscono alla fantasia popolare.


(Fonte: Guida di Francavilla Fontana - La città dei principi Imperiali, Vittoria Ribezzi Petrosillo e Fulgenzio Clavica, Congedo Editore - Le guide verdi 21, pag. 7)
Quando e come, sulle ceneri di una più antica città fu
fondata Francavilla può forse dirlo il suo nome. La popolazione fra Taranto e Brindisi e la fertilità del suo suolo poterono indurre a stabilirsi qui alcuni franchi scesi nel'866 fino a Bari e a Oria con l'imperatore Ludovico II. Allora in Brindisi fu introdotto il culto per santa Petronilla e uomini e donne con costumi franchi che furono scolpiti intorno a una vera di pozzo. Un drappello di quell'esercito, accampato tra i villaggi abitati dai sopravvissuti cittadini della distrutta Rudie o di altro centro messapico, diede luogo al primo nucleo di questa "Franca villa", poi feudo del barone normanno Goffredo e, nella storia, sposò l'origine sua dal 1310 a prima della stessa conquista normanna della Puglia. Come Francavilla a Mare sull'Adriatico, che Pacichelli ritenne fondata dai franchi di Ludovico II lì accampati prima della cacciata dei saraceni da Bari, anche questa Francavilla può ritenersi villa dei franchi.
Centro di attività commerciale e di cultura come era stata Rudie, benché presidio militare, fu aperta ai traffici e mai chiusa da mura. Pe Francesco Ribezzo, glottolo e primo sistematore delle epigrafi messapiche, essa fu dove era stata la patria del poeta Quinto Ennio, giusto la lettura dei geografi antichi, la scoperta di alcune iscrizioni e la presenza dei toponimi Rodia grande e Rodia piccola.
(Fonte: Francavilla Fontana, Guide artistiche Electa pagg. 12-13)
Il sito di Francavilla, coincidente o meno con quello di Rudie, conserva tracce di frequentazione umana sin dalla preistoria. Vi sono nel territorio grotte culturali di età eneolitica. Da quella di Santa Candida, abitata nel medioevo da eremiti, proviene il frammento del vaso ceramico con figura antropomorfa di orante assunto a logo del museo di "Civiltà preclassiche della Murgia meridionale" di Ostuni.
(Fonte: Francavilla Fontana, Guide artistiche Electa pagg. 15)
Un villaggio dicapanne fu scoperto nel 1950 sull'argine a monte del canale Reale che aveva le sorgenti in contrada Grani ove era una chiesa concessa nel 1095 dall'arcivescovo di Brindisi Godino ai benedettini di San Lorenzo di Aversa.
(Fonte: Francavilla Fontana, Guide artistiche Electa pagg. 16)
Nel quartiere San Lorenzo, tra viale Giuseppe Abbadessa e via Carlo Alberto dalla Chiesa, nel 1978 furono scoperte quattordici tombe, quindici buche, se pozzi e resti di abitazioni, trozzelle e vasi di stile Egnazia. Degli stessi messapi sono imponenti i resti del sistema difensivo del territorio. Le specchie, torri a base circolare come i castellieri dell'Istria, restano nel mistero delle diverse funzioni oltre quella delle difesa.
(Fonte: Francavilla Fontana, Guide artistiche Electa pag. 17)

Del cristianesimo dei primi secoli vi sono tracce della vita anacoretica, durata fino ai tempi moderni in grotte e chiese, frequentate e officiate da monaci, ricordati anche da Girolamo Bax, nell'opera Nniccu Furcedda come girovaghi elemosinanti e custodi di cappelle extraurbane. Nella masseria Santa Croce vi sono santi affrescati nei secoli XVII e XVIII in una grotta originariamente ad aule affiancate come le chiese paleocristiane della Siria e quella di Sant'Antonio Abate, fuori porta degli Ebrei in Oria ove, nel IX secolo, fu traslato il corpo di San Barsanufio di Gaza da eremiti siriani per essere custodito dai confratelli che abitavano, come nella Tebaide, il Colle dell'Iride e la Lama delle Salinelle.
La vita dei religioso in grotta nel Salento era già nel IV e V secolo quando san Paolino di Nola ricordò al confratello Niceta che, lungo il percorso per imbarcarsi a Otranto, avrebbe udito cantare da monaci emonache le lodi del Signore.
(Fonte: Francavilla Fontana, Guide artistiche Electa pag. 19)
Ultima presenza pittorica del medioevo è nella parete absidale della chiesa di San Giovanni Battista, in origine dedicata all'Annunciazione. Sono in essa, a sinistra del catino absidale, l'Angelo e, a destra, la Vergine, in alto forse l'apoteosi di Cristo o l'incoronazione di Maria delle quali restano solo anche e parte della "mandorla", limitata dagli evangelisti.
(Fonte: Francavilla Fontana, Guide artistiche Electa pag. 24)
L'ulivo, assunto a emblema della Terra, fu tra le piante introdotte dai greci dell'età micenea e poi dai bizantini, greci anche questi, che dai paesi della Grecìa Salentina _ Calimera, Cannole, Castrinagno, Corigliano, Cursi, Cutrofiano, Martano, Martignano, Melpignano, Sogliano, Soleto, Sternatia e Zollino - venivano, fino a pochi decenni addietro, come frantoiani per trasformare in olio, tra macine di pietra e presse di legno in caldi ambienti sotterranei, le olive delle partite con alberi innestati su olivastri e delle piantate con alberi impiantati a filari. Greca fu la coltura degli ulivi: la ceppaia è perciò detta rizzone da rhiza, i rami nachi da nake, il ramo centrale cintroni da kentron, le fonde stroma da stroma e l'alberello da trapiantare con radici e rami mozzati curmoni da kormos; anche il capo di frantoiani è detto alla greca nagghjiru da naukleros.
(Fonte: Francavilla Fontana, Guide artistiche Electa pagg. 25-27)
La coltura delgrano, attestata dal santuario della Madonna dei Grani e dalle fogge, è stata la fonte maggiore dell'economia cittadina. Fino al medioevo Francavilla ha vantato il più noto mercato del grano della provincia.


La coltura della vite fu legata alle cantine, rivendite di vino in cui si avvilirono i più poveri ingannando i crampi della fame con ubriacature pagate ai proprietari che ebbero poi, a loro svantaggio, minori prestazioni. Tra le uve introdotte dagli Imperiali, come Inganno, Moscatello, Muscatellone, Verdea, Zacarese, vi fu forse anche quella che porta il nome di "Francaìdda".
(Fonte: Francavilla Fontana, Guide artistiche Electa pag. 28)
Fino alla metà del XV secolo, questa Terra non ebbe mura, nonostante il permesso dato nel 1364 dal principe di Taranto. Fu Giovanni Antonio Orsini che, costruendo il Castello, diede inizio a quella parte munita di torri che, disegnata nel 1643 da Francesco Carlo Centonze nella prospettiva della Terra, non fu più vista nel 1696 da Giovanni Battista Pacichelli né incisa da Francesco Cassiano del Silva per Il regno di Napoli in prospettiva, edito nel 1703. Quando Francavilla fu dell'Orsini come punto strategico del suo stato, dagli storici ritenuto quasi un regno nel regno, vi fu l'espatrio di nobili e borghesi e l'urbanizzazione dei rurali con conseguente abbassamento dei livelli culturale ed economico durato fino all'affermazione del governo vicereale nel regno e segnato con crescita demografica zero e il fermo dell'attività edilizia.
(Fonte: Francavilla Fontana, Guide artistiche Electa pag. 34)
Dalla signoria delle reginevedove, d'Enghien e d'Aragona, passata Francavilla alla corona, fu amministrata da Roberto Bonifacio, feudatario del 1520, e quindi dal figlio Giovanni Bernardino che qui spesso resiedette finché nel 1557, sospettato di eresia, non abbandonò il feudo e l'Italia.
Successe, al Bonifacio, Ferdinando Loffredo, marchese di Trevico e governatore di Terra d'Otranto. […] Tennero successivamente il feudo i Borromeo, Federico e poi Carlo, arcivescovo di Milano. […] Dai Borromeo, dopo brevi passaggi ad altri signori, la Terra fu acquistata dagli Imperiale di Genova, poi detti anche Imperiali che la possedettero per otto generazioni fino al 1782.
(Fonte: Francavilla Fontana, Guide artistiche Electa pagg. 36-40)
