POLITICA
Richiesta di desistenza. A Pietrarsa Gentiloni chiede a Renzi una "conclusione ordinata della legislatura"
Ultimi mesi di Parlamento, coalizione ampia, Europa. Dopo lo schiaffo del Cdm su Visco il premier auspica ultimi mesi senza ulteriori strappi
Il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni con il segretario del Partito Democratico, Matteo Renzi, a margine della conferenza programmatica del PD a Portici (Napoli), 28 ottobre 2017. ANSA/UFFICIO STAMPA PALAZZO CHIGI/TIBERIO BARCHIELLI

Nel vagone stipato di cameraman, fotografi e giornalisti, Matteo Renzi prova a metterla in battute: "A questo punto ci sarebbe una introduzione di 42 minuti di Orfini su Bankitalia ma la diamo per letta...". Ma non è aria. Di fianco a lui sul treno del Pd che in questi giorni staziona a Pietrarsa, Paolo Gentiloni abbozza un sorriso: "Mi dissocio". Quindi il premier comincia a dire la sua, poche parole che anticipano le richieste che poco dopo espliciterà dal palco: "La sinistra di governo non può essere considerata una specie in via di estinzione...". Dal palco poi chiede a Renzi di favorire "una conclusione ordinata della legislatura" e anche di lavorare ad una coalizione: "Un assetto largo aperto verso il centro e verso la sinistra".

E' il colpo di coda finale di un premier indebolito dagli ultimi strappi del segretario Pd. A Pietrarsa Gentiloni si concede anche all'abbraccio con Renzi, accetta la photo-opportunity dell'unità, non rompe il patto con lui, chiede una correzione di rotta. Che non otterrà. "Questa è casa tua", gli fa Renzi sul treno. Suona un po' come "Enrico stai sereno", con tutto che Gentiloni e Renzi sono perfettamente in asse: il primo che subisce l'altro.
Seduto in prima fila tra Ettore Rosato e Debora Serracchiani, Renzi ascolta come uno scolaretto che l'ha fatta grossa, ma che ha in mente di continuare a 'sparare' su Bankitalia, per dirne una. Ha in mente solo una cosa: la campagna elettorale.
Gentiloni invece viene qui alla conferenza programmatica del Pd a Pietrarsa per dare voce a tutti coloro che, nel Pd e nel governo, hanno sofferto l'assenza dei ministri renziani ieri al consiglio dei ministri sul secondo mandato di Ignazio Visco a Palazzo Koch. Un vero e proprio atto di ribellione da parte di Boschi, Lotti, Martina (che era già a Pietrarsa a preparare la conferenza), Delrio (che però pure è in sofferenza, unico ad avvertire il premier anzitempo). Della serie, obbediamo al segretario e non al presidente del Consiglio.
Non a caso, in mattinata, anche il ministro Marco Minniti usa lo stesso copione di Gentiloni. "La sinistra senza sfida di governo non esiste. La credibilità è merce rara ma il Pd l'ha e non la deve sciupare...". Come dire: evitiamo la deriva 'grillina', quella che preoccupa la parte meno renziana del Pd e le istituzioni: dal Quirinale a metà governo.
Dal palco Gentiloni - come anche Minniti - rinnova l'impegno del governo ad approvare "lo ius soli prima della fine della legislatura". Quasi implora: "La campagna contro l'Europa lasciamola a qualcun altro". Ma l'impressione è che il dado sia ormai tratto. La legislatura è finita. E Renzi ha il potere di decidere chi mettere in lista per le elezioni di primavera. La campagna elettorale dunque la decide lui e gli altri leader possono solo permettersi distinguo senza potere reale.
Di fatti, Dario Franceschini, rimanda a domani il suo arrivo a Pietrarsa previsto oggi. Minniti se ne va già a ora di pranzo. Maria Elena Boschi, epicentro di tutte le tensioni sul caso Bankitalia, non si presenta: ufficialmente malata, ma era attesa fino a metà pomeriggio. Pure Delrio se ne va dopo l'abbraccio con Renzi sul 'treno della serenità', il treno del Pd che qui a Pietrarsa funge da ufficio del segretario.
Renzi è quasi sempre a bordo, a tenere incontri, come quello - lungo - con il governatore della Puglia Michele Emiliano. Seduto di fronte al palco ci sta poco. Per esempio, non c'è quando Gianni Cuperlo gli lancia l'ennesimo, estremo appello: "Se il presidente del Senato ci lascia, è una cosa che riguarda tutti: nessuno è uno di meno. Cambiamo il percorso di questo treno...".
Ma Renzi è sul treno. Sono in tanti qui che vogliono approfittare della sua presenza per parlare della cosa a che a pochi mesi dalle elezioni preme di più: le candidature. Uno glielo chiede proprio davanti a noi vicino al treno. "Stavolta mi candido io...". Renzi nota che ci sono troppe orecchie intorno, allarga le braccia: "State boni...". Ma di candidature parla con il segretario regionale del Pd campano, Assunta Tartaglione. Del resto, qui a Pietrarsa, piccola Leopolda ma sul mare, non c'è il pubblico leopoldino di militanti 'sic et simpliciter'. Qui la maggioranza è ceto politico, che nei capannelli discute molto: di posti in lista.
"Noi del Pd abbiamo sulle spalle una responsabilità grande e dobbiamo esserne consapevoli - dice Gentiloni dal palco - Abbiamo la responsabilità del governo e poi siamo l'unico perno possibile di un governo di domani, dopo le prossime elezioni". Nel Pantheon del Pd "non c'è De Coubertain". Insomma: non basta partecipare. Ed è così che il premier si avvicina alla conclusione, legittimando la leadership di Renzi: "Con te Matteo, creiamo un assetto competitivo, un assetto largo e aperto verso il centro e verso la sinistra. Non possiamo scherzare su questo, dobbiamo metterci al lavoro con forza per un Pd unito e credibile".
Questa parte, quella sulla coalizione di centrosinistra, è quella che piace di più a chi nel Pd si dispiace per l'addio di Pietro Grasso. Andrea Orlando per esempio: "Nell'apertura del Pd a una coalizione ampia anche a sinistra vedo un cambiamento di linea significativo nella maggioranza, la relazione di Martina ieri confermava questo dato e le parole di Gentiloni vanno in questo senso". L'attesa è per Renzi che domani in tarda mattinata conclude la tre giorni Pd nel museo delle antiche locomotive a vapore.